Viaggio in Italia #05

Come una foglia al vento di Claudio Metallo

Sinossi (dalle note di copertina): Fine anni ’80. Peppe Blaganò ha una grande passione per il calcio sudamericano, un piccolo mobilificio in Calabria e una valanga di debiti. L’unico modo per evitare il fallimento dell’attività è accettare la proposta dei Rombolà, la famiglia di ’ndranghetisti che controlla la zona, disposta ad aiutarlo in cambio di qualche favore. Nel giro di pochi anni, Peppe diventa il primo intermediario della ’ndrangheta in Colombia. La maggior parte della cocaina che entra in Italia passa dalle sue mani ed è pieno di soldi, ma il debito che lo lega ai Rombolà sembra inestinguibile.

Peppe Blaganò è nato negli anni sessanta. È figlio di calabresi “emigrati per lavorare all’alta Italia” che, appena possono, lo spediscono in vacanza dai nonni materni. Così, fra profumi di cuzzupa e cullurialli, l’odore del fritto e delle conserve di pomodori, passano gli anni, cadenzati dai mercatini di Natale, dai macabri riti pasquali e dalle lunghe estati pigre e assolate. Fino alla festa del santo patrono, che sancisce il ritorno alla vita normale. L’estate in cui perde la madre, il piccolo Peppe trova, abbandonato su una bancarella, “un libro da cui non si sarebbe mai più separato” che s’intitola Storie dalle periferie del calcio. È una raccolta (immaginaria) di articoli di Osvaldo Soriano che inizia a leggere in maniera Come una foglia al ventoquasi compulsiva, appassionandosi al calcio sudamericano, arrivando addirittura ad imparare lo spagnolo: cosa che si rivelerà decisiva per il suo destino.
Quando muore anche il padre, Peppe, ormai solo, decide di trasferirsi in Calabria per provare a fare l’imprenditore, magari sfruttando i “finanziamenti pubblici per le aree sottosviluppate”. Non ha però fatto i conti con la burocrazia statale e con l’indolenza meridionale. Per accelerare l’iter della sua domanda, entra in contatto con un politico locale, iniziando così la sua discesa agli inferi, in un susseguirsi di eventi che lo vedranno sempre più invischiato in una serie di debiti morali e materiali che non riesce ad onorare, legandolo indissolubilmente (anzi: incaprettandolo…) ai suoi “benefattori”. Quando l’elezione del suo protettore politico al parlamento europeo lo priva bruscamente degli appalti pubblici telecomandati a suo favore, si trova costretto a chiedere un secondo prestito in banca: l’anticamera del fallimento. A “salvarlo” ci pensa però la zia Silvana che, per il tramite di “Don” Nicola (un prete, non un boss della ’ndrangheta) lo mette in contatto con “don” Pino Rombolà (un boss della ’ndrangheta, non un prete), che sta proprio cercando qualcuno che parli lo spagnolo. Come andrà a finire, lo lascio scoprire al lettore.
Più che sul volto brutale, violento e ormai stereotipato della criminalità organizzata, Metallo si concentra sulla sua maschera rassicurante che, attraverso quella che potremmo definire una quotidiana e pacifica pervasività, le consente di imporsi nella società cosiddetta civile, andando a riempire il vuoto creato ad arte dall’inefficienza della cosa pubblica, che rende quasi necessaria, da parte dei cittadini, la ricerca di soluzioni alternative alle proprie legittime istanze (soluzioni che prima o poi, però, si trasformeranno in debiti inemendabili). Un ruolo succedaneo dello Stato che, in alcuni contesti, viene legittimato anche dalla Chiesa, in una sorta di scambio e di mutuo riconoscimento che, passando per il controllo delle anime, arriva al controllo del territorio.
Lo fa con una scrittura sobria e misurata, limitandosi ad osservare e lasciando al lettore il compito di emettere giudizi su una storia in cui, comunque, nessuno è innocente, nemmeno Peppe Blaganò, che anzi brilla proprio per l’assoluta, totale, quasi ostentata assenza di qualsivoglia senso morale e che sembra un pupazzo di pongo nelle mani del destino: il titolo del libro, d’altronde, mi sembra assolutamente programmatico. Un “romanzo che più veloce non si può”, come recitano le note di copertina, che consente al lettore di passare un paio d’ore in gradevole compagnia. Cosa che, di questi tempi, non è affatto scontata.

#fallabreve: Si sta come, d’autunno, sugli alberi, le foglie. Di coca.
“Come una foglia al vento” di Claudio Metallo
Casa Sirio, 2014
pp. 189
€ 13,00 (eBook € 6,99)

 

Ti scriverò prima del confine di Diego Barbera

Sinossi (dalle note di copertina): M***o è stato ricoverato in una prestigiosa clinica privata dopo il Fatto che lo ha trasformato in un eroe nazionale e, suo malgrado, si ritrova al centro di un folle circo mediatico. Tutti vorrebbero parlare con lui tranne Giulia, una ragazza ricoverata nella stanza 27, che non parla ma ama ascoltare. La ragazza, affamata di storie, gli propone un patto: M***o le racconterà la sua vita, senza pronunciare nomi e senza fare domande su di lei, mentre Giulia lo ascolterà e gli scriverà delle lettere. Tra incontri rubati e storie da raccontarsi, M***o ricostruisce gli eventi che lo hanno condotto fino al Fatto e si lega a Giulia così profondamente che, quando le cose si mettono male, anche un eroe come lui deve rimettere tutto in discussione.

Terreno scivoloso e infido quello su cui si cimenta Barbera, perché il suo è un libro che parla d’amore, ed in questi casi è piuttosto facile perdersi in stucchevoli sentimentalismi e sdolcinate romanticherie. Per ridurre questo rischio, e per dare maggiore profondità ai personaggi, l’Autore sceglie di lavorare per accumulazioni progressive, per velature, lasciando che la storia si costruisca quasi da sé, a partire da inneschi mnemonici (un biglietto, un disegno), che guidano Marco (anzi M***o), protagonista e voce narrante, nelle sue riflessioni: sull’amore, sul disagio psichico, sul dolore, e sulla morte. Una tecnica che gli consente anche di giocare con la linea temporale della storia, in un’alternanza di fughe in avanti e di flashback che, se all’inizio può disorientare, trova poi una sua coerenza.
Ti scriverò prima del confineLa storia fra M***o e Giulia appare piuttosto casuale, legata com’è alle circostanze del Fatto e alla lunga degenza in ospedale dei due protagonisti. Ma il dolore di M***o parte da molto più lontano, da un biglietto scritto alle elementari per una compagna di scuola, A.J. È da lì che inizia quella parabola autodistruttiva che culminerà nel Fatto. Durante la dolorosa convalescenza, il vuoto legato all’amore irrisolto per A.J. condurrà però M***o alla scoperta dell’amore per Giulia, anche questo impossibile, una ragazza di appena 17 anni. Un amore che sembra trovare spazio solo nelle parole, anzi neanche in quelle visto che la ragazza, per motivi che non saranno mai svelati, comunica solo con gesti, biglietti, disegni, o con sms scritti furtivamente sul cellulare di lui.
Peccato che proprio alla fine, per la precisione a pagina 261, Barbera abbandoni lo stile accorto e controllato usato fino a quel punto, per virare su un registro quasi mélo che stona con il tono complessivo del romanzo e che mi sembra il principale difetto del libro, unito al vezzo di “mascherare” i nomi con gli asterischi. Una scelta che, se aveva come obiettivo quello di concentrare l’attenzione sull’unico personaggio che viene da subito chiamato con il suo nome per intero, cioè Giulia, mi sembra sortisca l’effetto opposto, distraendo il lettore. Tuttavia Ti scriverò prima del confine rimane un’opera nel complesso più che apprezzabile, soprattutto per l’intento di strutturare in maniera non banale un tema non proprio originale.
E su questo non ho altro da dire.

#fallabreve: A***e e M***e.
“Ti scriverò prima del confine” di Diego Barbera
Casa Sirio, 2015
pp. 270
€ 14,00 (eBook € 6,99)