“La melanconia di Clara” di Anne Raeff

Questo bel romanzo della Raeff mi ha fatto subito pensare a una lunghissima invenzione a due voci. Da una parte c’è quella di Ruth, una vedova ultraottantenne sopravvissuta alla Shoah ed emigrata a New York. Dall’altra quella di Deb, sua nipote. L’anello di congiunzione fra le due donne è Clara, figlia della prima e madre della seconda. Nata nel campo di concentramento dove Ruth era stata rinchiusa assieme al marito Karl, Clara inizia a soffrire di depressione appena adolescente con crisi che, nonostante il matrimonio e la nascita della figlia, diventano sempre più lunghe e invalidanti, costringendola a letto anche per mesi.

L’assenza di Clara, il suo ritrarsi al margine della vita, determina un vuoto emotivo ed affettivo su cui Ruth e Deb sono costrette a modellare le proprie esistenze. Ruth, dopo aver aiutato per anni Karl nella gestione del suo ambulatorio medico, una volta rimasta vedova si dedica al volontariato. Ed è proprio tramite i suoi racconti al capezzale di Tommy, un malato terminale di AIDS (la storia è ambientata nel 1996 quando di AIDS si moriva) che scopriamo la storia della sua vita, compresi molti segreti rimasti sepolti per decenni. Deb, invece, è completamente abbandonata a se stessa, visto che anche il padre è completamente appiattito sui bisogni di Clara, con l’unico scopo di impedirle “di sprofondare definitivamente nell’abisso”.

Eppure è proprio nel vuoto rappresentato da Clara, in quell’assenza così paradossalmente ineludibile, che Ruth e Deb riusciranno a stabilire un contatto fra il loro reciproco, sia pur diverso, bisogno d’amore e a trovare, forse, un nuovo punto di equilibrio da cui provare a ripartire.

Pur con qualche sbavatura (mi riferisco in particolare alla nascita di Clara all’interno del campo di concentramento: un elemento che ritengo storicamente poco plausibile e narrativamente non necessario), la Raeff conduce con mano sicura e felice la storia evitando melensaggini e sentimentalismi, riuscendo ad essere convincente sia quando parla l’anziana Ruth, sia quando a farlo è l’adolescente Deb, e mantenendo inalterata l’intensità narrativa sino al finale che, apprezzabilmente, è aperto. Particolarmente indovinata mi pare inoltre la scelta di relegare Clara sullo sfondo del racconto, di privarla quasi della parola, in una sorta di mimesi della sua afasia esistenziale.

In sintesi: un bel libro.

E su questo non ho altro da dire.

 

#fallabreve: Invenzione a due voci per solitudine e assenza.

La melanconia di Clara di Anne Raeff
Titolo originale: Clara Mondschein’s Melancholia
Spartaco, 2006 (2002)
Traduzione di Chiara De Bastiani
pp. 345
€ 16,50 (eBook non disponibile)

La mia valutazione su Goodreads:

Fonti iconografiche:
Nell’immagine: foto dell’Autrice tratta dal sito www.anneraeff.com.
L’autore è a disposizione degli eventuali aventi diritto per indicare le fonti iconografiche che non è stato possibile individuare ovvero per rimuovere le immagini.