“Il dono oscuro” di John M. Hull

Nella Premessa l’Autore scrive: “Se stai leggendo questo libro probabilmente vuoi capire cos’è la cecità. Vuoi sapere cosa significa diventare ciechi, vivere da ciechi”. In effetti è così: ero interessato a sapere proprio questo. E il libro inizia in maniera davvero spiazzante, ponendo una domanda a cui, da vedente, non avevo mai pensato: “Da quanto tempo bisogna essere ciechi prima che i sogni comincino a perdere i colori?”.

Tuttavia, proseguendo nel racconto, Hull abbandona progressivamente il suo obiettivo dichiarato, trasformando l’opera in una sorta di momento catartico all’interno del proprio percorso di accettazione del nuovo stato. Non riesco a spiegare altrimenti, per esempio, i numerosi e noiosissimi paragrafi dedicati ai sogni (con tanto di autointerpretazione del loro significato).

Molto toccanti le parti dedicate al rapporto con i figli, specie con quelli nati dopo la cecità anche se, man mano che si procede nella lettura, l’accumularsi delle ripetizioni attenua fortemente l’intensità emotiva del racconto, mentre alcuni aspetti dell’essere ciechi (come il rapporto con il desiderio e la sessualità) rimangono solo accennati, senza un vero sviluppo.

D’altronde è lo stesso Hull a scrivere, sempre in premessa, che: “Il libro non ha una vera struttura. È fatto di frammenti sparsi. […] Se ci sono ripetizioni è perché gli stessi problemi e le stesse esperienze si sono ripresentate continuamente e sono stati interpretati da diverse angolazioni”. Peccato, però, che un limite, anche quando venga dichiarato, rimanga pur sempre un limite.

E su questo non ho altro da dire.

Il dono oscuro di John M. Hull
Titolo originale: Notes on Blindness
Adelphi, 2019 (1990, 2017)
Traduzione di Francesco Pacifico
pp. 221
La mia valutazione su Goodreads: