“Fata Morgana” di Gianni Celati

In questo libro, che si colloca a metà fra una fiaba e il resoconto di una spedizione etnografica, Celati ci racconta dell’immaginario popolo dei Gamuna, descrivendone le terre, la lingua e, soprattutto, i costumi davvero inconsueti. Con scrittura a tratti incantevole l’Autore, accompagnandoci alla scoperta delle bislacche abitudini di questa improbabile civiltà, sembra volerci suggerire, quasi in filigrana, una possibile e poetica alternativa al frenetico stile di vita che stritola le nostre esistenze, alternativa fondata sul capovolgimento del valore ontologico (e quindi anche estetico ed etico) tra il mondo come ci appare nello stato di veglia, che sarebbe pura illusione, e quello che si disvela quando sogniamo, che invece sarebbe reale. Come spesso accade in questo genere di opere, però, è cruciale capire quando è il momento di sospendere il racconto per lasciare che sia la fantasia del lettore a continuare sul sentiero tracciato dall’Autore. Purtroppo, mi sembra che questo limite sia stato superato, perché man mano che Celati entra nei dettagli della vita dei Gamuna, il racconto perde freschezza, o forse è l’entusiasmo del lettore a infiacchirsi. Non è da escludere che questo, pur parziale, sfilacciamento della tenuta narrativa, possa collegarsi alla tormentata storia editoriale dell’opera che, scritta fra il 1986 e il 1987 per essere pubblicata a puntate su una rivista, fu accantonata per quasi vent’anni dopo la sua improvvisa chiusura, per essere poi pubblicata in volume nel 2005. In conclusione: se non avete mai letto nulla di Celati (come me prima di questo) forse fareste meglio a iniziare con un altro libro.

E su questo non ho altro da dire.

Fata Morgana di Gianni Celati
Feltrinelli, 2005
pp. 188
La mia valutazione su Goodreads: