De inanitate #01

D’ora in poi con questo titolo posterò le (brevi) recensioni di quei libri né sufficientemente belli da meritare un’attenta analisi, né sufficientemente brutti da suscitare in me un adeguato furor stroncatorio. Insomma quei libri inani, anodini, vacui, che meritano pertanto a pieno diritto di entrare nel mio personalissimo limbo.

il VUC

 

L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami

Leggo Murakami da molto prima che diventasse di moda (o mainstream come dicono quelli bravi), da quando lo pubblicavano prima Feltrinelli (e Norwegian Wood si chiamava Tokyo Blues) e poi Baldini & Castoldi. Insomma penso di aver perso solo Sotto il segno della pecora nell’edizione Longanesi del 1992.
Credo di aver letto tutte le sue opere di narrativa e, per quanto non abbia mai potuto gridare al “capolavoro”, ho sempre riconosciuto le sue indubbie capacità affabulatorie, il suo stile piano, preciso, nitido.
Insomma a me Murakami (più o meno) è sempre piaciuto, anche se non ritengo che meriti il Nobel (se questo premio avesse ancora un senso e non l’avessero assegnato anche a scrittori assolutamente mediocri – per non dire scadenti – come Herta Müller o Orhan Pamuk).
Sono ben consapevole di alcuni suoi (reiterati) difetti, primo fra tutti una certa difficoltà nel tenere saldamente le fila delle complesse trame che è solito imbastire, specie nelle opere più ambiziose, col risultato di indulgere talvolta in lungaggini e ripetizioni evitabili (penso a L’uccello che girava le viti del mondo e anche al tanto acclamato 1Q84).
Gli ho sempre perdonato persino i suoi sconfinamenti nel soprannaturale, perché mi sono sembrati sempre funzionali alla storia e non ho mai avuto problemi ad esercitare una certa sospensione dell’incredulità mentre lo leggevo (cosa che invece non riesco proprio a fare con i sudamericani, va’ a capire perché…).
È per questo che un po’ mi dispiace inaugurare con una sua opera quella che promette di diventare una vera e propria rubrica fissa del blog sull’inanità letteraria, ma tant’è: L’incolore ecc. ecc. (già il titolo è irritante nella sua prolissità) è un’opera davvero inconsistente, ai limiti dell’insulsaggine.
È come se un imitatore avesse provato a scrivere un libro à la Murakami, mettendo insieme tutti i tipici ingredienti delle sue storie (amore, mistero, soprannaturale, musica, solitudine, personaggi che scompaiono, una spruzzata di sesso e di violenza), ottenendo però un frullato indigeribile e un’opera del tutto dimenticabile.

#fallabreve: Una incolore imitazione di Murakami. Scritta da Murakami.
“L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio” di Haruki Murakami
Einaudi 2014 (2013)
Traduzione di Antonietta Pastore
pp. 263
€ 20,00

La settimana bianca di Emmanuel Carrère

Adelphi ripubblica con una nuova traduzione l’ultima opera di narrativa d’invenzione di Carrère, già edita da Einaudi nel 1996 nella traduzione di Paola Gallo. Avendo letto le note in seconda di copertina in cui l’autore confessava che “a mano a mano che procedevo nella storia ero sempre più terrorizzato”, mi sono accostato a quest’opera con una scorta di ansiolitici, pensando di avere a che fare con uno di quei thriller psicologici che ti tengono avvinti dalla prima all’ultima pagina e che ti procurano incubi notturni.
Procedendo nella lettura, però, non ho trovato nulla di tutto questo e l’attesa di un colpo di scena che finalmente mi spiazzasse ha presto ceduto il campo alla delusione.
Così alla fine ho letto la storia di Nicolas, un bambino di nove anni moderatamente disadattato e affetto saltuariamente da enuresi notturna, che viene accompagnato in settimana bianca dal padre che però dimentica di lasciargli lo zaino. Questo mette il ragazzino in una situazione piuttosto sgradevole considerato che il suo timore principale è quello di non essere accettato dal resto dei compagni (essendo già saltuariamente oggetto delle vessazioni dei più prepotenti). Da qui parte un carosello di eventi in parte reali e in parte frutto della fervida e morbosa fantasia del pargolo fino al tragico finale che, ovviamente, non rivelerò.
Ora, che la fantasia dei bambini sia molto meno innocente di quel che normalmente si pensi, che possa inventare interi universi partendo dal più insignificante dei dettagli e che, per alcuni soggetti particolarmente sensibili, tali fantasie possano confondersi con la realtà, è assolutamente vero.
Da qui a dire che questo è un libro che narra una “storia terrificante” in cui ci sono infantili e “terribili profezie che si autoavverano” (come ho letto in alcune recensioni in rete), ce ne corre. Peraltro a me ‘sto Nicolas non sta neanche particolarmente simpatico.
Non dico che non sia scritto bene, ma a mio avviso siamo lontani anni luce dai livelli raggiunti da Carrère ne L’avversario e in Limonov. Insomma lo finisci e ti viene da dire: tutto qui?

#fallabreve: Una settimana. Un po’ bianca. Un po’ noir.
“La settimana bianca” di Emmanuel Carrère
Adelphi Edizioni 2014 (1995)
Traduzione di Maurizia Balmelli
pp. 139
€ 16,00

 

Sinistri di Tersite Rossi

È un libro molto strano quello dei due scrittori che si celano sotto l’omerico pseudonimo. Pubblicato da Edizioni e/o nel 2012 nella collana Sabot/age, viene pomposamente definito in quarta di copertina “un giallo fantapolitico sull’Italia di domani (e anche di ieri)”.
Ambientato nell’Italia del 2023, il “giallo” vero e proprio in realtà  si sviluppa in pochissime delle circa 230 pagine del libro, la maggior parte delle quali è invece occupata dai dieci racconti che una sera vengono recapitati al Capo della Polizia Egidio Servillo e che sembrano preannunciare il ritorno in attività di un gruppo sovversivo. Vista l’esilità della trama mi guardo bene dal fornire ulteriori elementi sulla storia.
Mi limiterò a dire che non basta ambientare una storia nel futuro per renderla futuribile, che purtroppo non è stato necessario aspettare il 2023 per vivere una realtà che spesso ha fatto impallidire la più fervida fantasia (basta ripercorrere la storia italica degli ultimi vent’anni), che spesso i libri con troppi riferimenti a elementi e personaggi reali invecchiano presto (e male) e che, tanto per dire, 1984 è stato già scritto (nel 1948, peraltro).
Detto questo, l’ho trovato un romanzo in cui l’eccessiva (e voluta) importanza data alla struttura finisce per mettere in risalto la pochezza della storia (ridotta quasi a un pretesto) e l’assoluto squilibrio fra il “giallo” e i dieci racconti (che non mi sono affatto piaciuti e che ho trovato un vero e proprio corpo estraneo) risulta alla fine disturbante.
Se qualcuno vuole provare a scoprire i rimandi alla cronaca disseminati dai due autori qua e là nel testo si accomodi, con me Tersite Rossi ha chiuso qui.
E su questo non ho altro da dire.

#fallabreve: Cronache di un futuro presente
“Sinistri” di Tersite Rossi
Edizioni e/o 2012
pp. 227
€ 15,00

(Data di prima pubblicazione su ifioridelpeggio.blogspot.it: 13/08/2014)