Breviter 2021 #02 – Recensioni (e stroncature) intramuscolari

Lacci di Domenico Starnone

Romanzo artificioso nell’impianto e nella scrittura, teatrale (non a caso ne sono stati tratti una pièce e un film), didascalico, piccolo borghese e un po’ stantio. Invece di concentrarsi sul portato di dolore e violenza emotiva che sta dietro e dentro qualsiasi crisi di coppia, Starnone, specie nella parte dedicata a Aldo, il marito, ne cristallizza il racconto con una lingua così esatta e un tono così autoassolutorio da risultare implausibili prima ancora che vagamente fastidiosi.

Questo riduce quella che all’inizio sembrava una feroce resa dei conti a schermaglia puramente dialettica: una scelta certamente più rassicurante, ma con un fondo di insincerità. E a poco giova il piccolo colpo di scena finale.

Insomma, un libro che sarebbe stato anche attuale, se solo vivessimo negli anni Settanta.

Lacci di Domenico Starnone
Einaudi, 2014
pp. 138
La mia valutazione su Goodreads:

 

La teologia del cinghiale di Gesuino Némus

Un romanzo nel complesso gradevole, ma un po’ confuso, anche per l’uso eccessivo, e talvolta evitabile, degli incisi in sardo, che appesantiscono la lettura, quando costringono il lettore a ricorrere alla traduzione, o la ostacolano, quando questa traduzione manchi. Pure la scelta vagamente metaletteraria di inserire i racconti dal manicomio, narrati in prima persona dal doppio dell’Autore, non mi sembra giovi all’intreccio, anzi.

Alla fine si ha come l’impressione che Némus rimanga incastrato in un intreccio di cui ha perso il bandolo,  tanto che per cavarsi d’impaccio usa un’escamotage non proprio corretto nei confronti della sospensione di incredulità del lettore, affidando alla voce del suo alter ego il racconto di   cosa davvero successe in quella estate del 1969.

La teologia del cinghiale di Gesuino Némus
Elliot, 2015
pp. 238
La mia valutazione su Goodreads:

 

L’ultima estate di Cesarina Vighy

È sempre difficile giudicare questo genere di libri. Non ne metto in discussione il valore esorcizzante e terapeutico per chi li scrive, né quello testimoniale (inestimabile) per chi resta, e comprendo la forte risonanza emotiva che possono suscitare in chi abbia vissuto situazioni simili. La letteratura però, a mio modesto avviso, è altra cosa.

L’ultima estate di Cesarina Vighy
Fazi, 2009
pp. 190
La mia valutazione su Goodreads:

 

Il manifesto del libero lettore di Alessandro Piperno

Secondo Piperno “il libero lettore è un dilettante, e come tale aspira al diletto”, rispetto allo scrittore “minacciato da un mucchio di remore e divieti”, inoltre, “il lettore ha solo diritti”. Fin qui nulla da eccepire, anzi, confesso di essere assolutamente d’accordo su diversi punti esposti nel Prologo (l’unico capitolo che possa almeno in parte definirsi davvero un “manifesto”, a mio avviso). Purtroppo, però, da qui parte una rapida carrellata su otto romanzieri che hanno in comune una “sfacciata astoricità”, e mi sembra che sia nella scelta degli scrittori che nel modo di parlarne, Piperno vesta furbescamente più i panni del libero lettore, la cui arbitrarietà non necessita di alcuna motivazione, che quelli dello scrittore, che invece sarebbe tenuto a spiegare in base a quali criteri abbia scelto Dickens e non Balzac, Stendhal e non Dostoevskij, Svevo e non Mann. A meno di non voler considerare chi scrisse I fratelli Karamazov o La montagna incantata, privo di quella “sfacciata astoricità” di cui sopra.

Anche il modo in cui parla degli otto prescelti non convince: francamente ridurre Proust all’uso dei tempi verbali mi sembra più una provocazione che uno spunto critico. E poi gran parte dei capitoli sono un riassunto più o meno esteso delle opere degli “otto giganti”.

Nella nota dell’autore, Piperno rivela che parte del materiale era già stato pubblicato sul supplemento culturale del Corriere della Sera e in un volume del 2006. Aggiunge subito dopo che “tuttavia, niente di ciò che ho raccolto in questo libro […] può essere considerato di occasione. Ogni frase contribuisce allo stesso discorso, nutrendo la medesima ossessione”. Sarà, ma a me sembra che per definire un’opera un “manifesto”, non basti nutrire un’ossessione ripubblicando materiale già usato, ma siano necessari, o quantomeno auspicabili, un rigore e una coerenza che qui mancano.

Il manifesto del libero lettore di Alessandro Piperno
Mondadori, 2017
pp. 151
La mia valutazione su Goodreads:

 

Storia della mia gente di Edoardo Nesi

Uno strano ibrido fra un memoir familiare e un saggio socioeconomico sul fallimento del distretto tessile pratese sotto i colpi della globalizzazione. Se il memoir mi sembra un album fotografico che indulge al narcisismo, il saggio ricostruisce in modo piuttosto parziale e autoassolutorio il declino di una classe di imprenditori che pure Nesi ha raccontato altrove in maniera molto più vivida e, soprattutto, letterariamente convincente.

Davvero stupisce che un libro così scialbo, per forma e contenuti, abbia vinto quello che ancora viene considerato il più prestigioso premio letterario italiano: non oso immaginare il livello degli altri quattro finalisti di quell’anno.

Storia della mia gente di Edoardo Nesi
Bompiani, 2010
pp. 169
La mia valutazione su Goodreads:

 

Dimenticare di Peppe Fiore

Sono un lettore strano, lo so. Basta un niente per darmi fastidio e pregiudicare il mio giudizio su un libro. Nello specifico, questo “niente” l’ho trovato proprio nell’incipit, quando viene citato, in maniera peraltro niente affatto necessaria, un modello di auto, nello specifico una Maserati Ghibli a quattro porte, che nel 1993 non era ancora in produzione.

Parafrasando De Gregori, qualcuno mi dirà che “non è da questi piccoli particolari che si giudica” un… romanzo! E su questo potrei anche concordare (anche se di errori grossolani ce ne sono almeno altri due: non esistono palloni di cuoio fatti di esagoni bianchi e rossi: senza l’alternanza con i pentagoni non potrebbero essere cuciti in una sfera; le palle di biliardo sono di resina artificiale, non di “legno rivestite di alluminio”). Purtroppo, però, il prosieguo della lettura non mi ha fornito elementi sufficienti per rivedere in positivo il mio pregiudizio, che pertanto si è trasformato in giudizio.

Se già la storia dell’uomo in fuga dal proprio passato non mi pare proprio rivoluzionaria, anche il suo sviluppo non mi è sembrato convincente, né per quanto riguarda la scrittura né per la costruzione dell’intreccio. In rete ho letto apprezzamenti per la scelta di Fiore di lasciare indefiniti alcuni elementi della trama, di non approfondire più di tanto i personaggi (soprattutto quelli femminili, peraltro). Sarà, ma io, più che di “non detto” parlerei di vaghezza, caratteristica che non mi sembra un pregio, non sempre almeno, certamente non in questo caso.

In conclusione ho l’impressione che l’Autore si sia concentrato più sulla ricerca della letterarietà che sul racconto, con esiti non del tutto convincenti.

#fallabreve: Dimenticato.
Dimenticare di Peppe Fiore
Einaudi, 2017
pp. 192


 

Atletico Minaccia Football Club di Marco Marsullo

Volumetto di puro intrattenimento, pieno di battute buone per programmi umoristici senza troppe pretese, condito da abbondanti dosi di retorica piuttosto dozzinale e con una spruzzata di noir giusto per ravvivare una trama che, però, rimane priva di alcun guizzo degno di nota. Insomma: un libro leggero, leggero, leggero. Ritengo tuttavia che anche un libro di questo genere possa essere migliore di così.

E su questo non ho altro da dire.

Atletico Minaccia Football Club di Marco Marsullo
Einaudi, 2013
pp. 212
La mia valutazione su Goodreads: