Il sangue degli Ashenden/Il condominio di Stanley Elkin
Dei due racconti che compongono il volume, ritengo che il più riuscito sia il secondo, dove Elkin conferma la sua capacità, non comune, di partire da situazioni apparentemente banali per inserire, senza che il lettore ne abbia consapevolezza, una pietra d’inciampo che fa deragliare il racconto dai binari di una logica rassicurante verso orizzonti inquietanti, se non angoscianti, pur restando affatto plausibile. Chi altri avrebbe potuto immaginare un condominio che, sotto le apparenze apparentemente idilliache, nasconde i tratti di un sistema concentrazionario?
“Il sangue degli Ashenden” è, a mio avviso, meno efficace, forse per una insistenza eccessiva su un registro grottesco che, prima di arrivare al “bordo dell’osceno” (come scrive Barbara Lanati in quarta di copertina), mi sembra si impantani in una palude surreale e un po’ forzata.
Il sangue degli Ashenden/Il condominio di Stanley Elkin |
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Pastoralia di George Saunders
In questa raccolta di racconti, Saunders è molto bravo a creare una discomfort zone, in cui il lettore prova un disagio costante (ma non del tutto sgradevole), generato al fatto che la realtà descritta, pur non essendo proprio uguale a quella che conosce, non se ne discosta in maniera sufficiente da tranquillarlo del tutto. Non è un caso, in questo senso, la predilezione dell’Autore per i parchi a tema: quale altro luogo è, allo stesso tempo, così reale e fasullo? Ed è in questa sfasatura spaziotemporale che sono collocati gran parte dei racconti.
Il disagio è ulteriormente aumentato dal fatto che questo mondo, finto eppure verosimile, è caratterizzato da una costante presenza della morte: l’ultimo e ineludibile ostacolo contro cui tutto è destinato a schiantarsi e che relativizza ogni cosa.
Talvolta, ma sono gusti personali, ho colto un eccessivo ricorso al registro soprannaturale/horror (fantasmi e zombie, per intendersi), ma è davvero un peccato veniale, che non inficia l’ottima qualità di quest’opera.
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Pastoralia di George Saunders |
Bengodi di George Saunders
Il giudizio sarebbe stato anche migliore se non fosse stato per il racconto che dà il nome alla raccolta che, a mio avviso, è il meno riuscito: oltre a essere troppo calcato sul registro grottesco e distopico, infatti, è così lungo (una novantina di pagine) da sbilanciare l’equilibrio strutturale dell’opera e, di conseguenza, orientare la valutazione finale.
Bengodi di George Saunders |
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Il Monte Analogo di René Daumal
I primi due capitoli sono scritti in uno stato di grazia, con una prosa elegantissima e soave che trasporta il lettore in una dimensione incantata, in una favola. Purtroppo, però, il resto è davvero poco più di un abbozzo, anche se la virgola che termina il romanzo è pura poesia (per quanto legata alla scomparsa improvvisa dell’autore e non a una sua scelta).
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Il Monte Analogo di René Daumal |
Sera in paradiso di Lucia Berlin
Una raccolta di racconti nettamente inferiore rispetto a La donna che scriveva racconti. Anche qui le storie prendono spunto dalle vicende autobiografiche dell’Autrice, ma si ha come l’impressione che siano state sottoposte un un processo di “letterarizzazione” che ne ha svigorito la forza e l’intensità narrativa, attenuando quella sincerità feroce e brutale che tanto avevo apprezzato.
Sera in paradiso di Lucia Berlin |
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Welcome Home di Lucia Berlin
Un’opera “tributo” che si compone di un memoir incompiuto (che copre il periodo dal 1936 al 1965) e di una raccolta di lettere scritte, prevalentemente, fra il 1944 e il 1965.
Se il memoir può rivestire un certo interesse per chi già conosca i racconti della Berlin e voglia individuare gli spunti autobiografici che li hanno ispirati, l’epistolario è davvero un riempitivo, un appendice del tutto priva di interesse.
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Welcome Home di Lucia Berlin |
Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson
Mi è sembrata un’opera intrisa di un didascalismo meccanico, puritano, privo di ironia e di empatia, che in filigrana, ma neanche troppo, lascia trasparire un atteggiamento di giudizio (e fors’anche di pregiudizio) dell’Autore nei confronti dei personaggi e delle loro storie.
Storie che, proprio a causa di quell’intento didascalico, si trasformano in un copione rigido e statico, recitato, fra quinte posticce e dipinte rozzamente, da protagonisti che non riescono mai a acquisire profondità e vitalità.
La figura di George, poi, mi sembra particolarmente scialba e amorfa: francamente non si riesce a capire per quale motivo una intera comunità sia così interessata a lui e perché sia stato scelto come fil rouge fra i diversi racconti.
Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson |
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La cattiva stella di Georges Simenon
Una raccolta di raccontini insulsi, la cui insulsaggine è magnificata proprio dal fatto di leggerli in sequenza. E il fatto che li abbia scritti Simenon, li rende ancora più insulsi.
Solo per completisti masochisti.
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La cattiva stella di George Simenon |
La linea del deserto di Georges Simenon
Cinque racconti scritti fra il 1938 e il 1939: i primi due davvero buoni, gli altri più tirati via. Nell’ambito della pubblicazione dell’opera omnia di Simenon, frattaglie comprese, tuttavia, è una raccolta discreta, di godibile lettura.
La linea del deserto di George Simenon |
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Il signor Cardinaud di Georges Simenon
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Il signor Cardinaud di Georges Simenon |
I superstiti del Télémaque di Georges Simenon
Non mi sembra possa essere annoverata fra le opere migliori del Nostro. Lo spunto è promettente, ma l’impressione è che Simenon “simenoneggi” un po’ troppo, tirando per le lunghe la storia e costruendo alcuni personaggi (i gemelli Canut su tutti) in maniera troppo schematica, quasi col pilota automatico, senza riuscire a infondervi quella scintilla di umanità autentica e dolente che rappresenta una delle sue cifre costitutive.
I superstiti del Télémaque di Georges Simenon |
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Il vento selvaggio che passa di Richard Yates
Ho molto amato Yates, ma questo romanzo è stato una vera delusione. Più che la continuazione di Revolutionary Road, come lascia intendere la seconda di copertina, mi sembra la sua brutta copia, se non fosse che è stato scritto 23 anni dopo.
Una trama forzata e a tratti inverosimile, personaggi privi di qualsiasi sviluppo psicologico, puri cliché, dialoghi stereotipati e prevedibili.
Ritengo Yates uno fra gli scrittori nordamericani più significativi della seconda metà del XX secolo, ma quest’opera (il cui titolo è stato peraltro tradotto in modo discutibile) la consiglio solo ai completisti come me.
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Il vento selvaggio che passa di Richard Yates |
ilMistero.doc di Matthew McIntosh
Se chiunque di noi facesse pulizia nell’hard disk del computer e assemblasse a caso i file di testo che ha deciso di cestinare, ne ricaverebbe un opera più degna di nota di questo voluminoso ammasso di pattume spacciato per sperimentalismo.
Talvolta, nella poltiglia informe di una narrazione dissenterica, il lettore ha la sensazione di aver trovato il bandolo della matassa che gli consentirà di cavare dalle quasi 1600 pagine uno straccio di storia, non dico di senso. Purtroppo queste sensazioni, peraltro rarissime, durano molto poco, e ben presto bisogna soccombere di fronte all’evidenza che si è di fronte a un inutile e scomposto guazzabuglio che non può essere in alcun modo decodificato, perché è costruito a tavolino per non poter essere decodificato.
E su questo non ho altro da dire.
ilMistero.doc di Matthew McIntosh |
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