Breviter #05 – Recensioni (e stroncature) intramuscolo

Tre inchieste dell’ispettore G.7 di Georges Simenon

I primi esperimenti di Simenon con le storie di ambientazione poliziesca, risalgono al 1926, durante la fase “alimentare” della sua produzione, ben prima dell’apparizione di Maigret nel 1931. Provò una ventina di agenti investigativi che, prima o poi, abbandonò tutti. Uno di quelli su cui Simenon insistette di più, anche quando Maigret aveva ormai sbaragliato la concorrenza interna, fu l’ispettore G.7 (già apparso ne La pazza di Iteville, Adelphi 2008) che durò fino alla rottura dell’Autore con l’editore Haumont. Che dire: il confronto con Maigret è impietoso. Lo stile è ben lontano dalla avvolgente e quasi familiare atmosfera delle storie del commissario e anche l’espediente della voce narrante attribuita a un amico di G.7 che assiste alle indagini, una specie di Watson in salsa francese, non aiuta il fluire delle storie che, a tratti, non appaiono neanche particolarmente ben congegnate. Insomma una piccola raccolta adatta più agli appassionati di Simenon che ai neofiti, che potrebbero rimanere (giustamente) delusi.

G7 copertina#fallabreve: Piccoli Maigret crescono.

“Tre inchieste dell’ispettore G.7” di Georges Simenon
Adelphi, 2015 (1938)
Traduzione di Marina Di Leo
pp. 158
€ 10,00 (e Book € 4,99)

Autobiografia burlesca di Mark Twain

Nella collana “morti&stramorti”, titolo piuttosto eloquente e divertente, CasaSirio pubblica, con la consueta cura grafica ed editoriale, tre piccoli racconti inediti di Mark Twain. Nel primo, sicuramente il più riuscito e che dà il titolo alla raccolta, il Nostro illustra da par suo l’“antica e nobile casata” da cui discende accennando brevemente alle eroiche gesta dei più pittoreschi ed improbabili antenati. Una straziante storia d’amore medievale, invece, è una specie di tragedia in cinque atti dagli sviluppi così imprevedibili da costringere Twain a delegare la sua conclusione “al miglior offerente”. Per noi italiani, anche l’ultimo raccontino (Italiano senza laurea) riveste un certo interesse, visto che è ambientato “in una villa medievale in campagna a un paio di chilometri da Firenze”, dove il papà di Tom Sawyer e Huckleberry Finn passò una breve vacanza. Insomma un Twain minore, forse addirittura minimo, che però, anche quando scriveva con la destra[1], rimane sempre un maestro.

Twain Copertina#fallabreve: La classe non è acqua.

“Autobiografia burlesca” di Mark Twain
CasaSirio, 2015
Traduzione di Michele Campagna e Chiara Bonsignore
pp. 55
€ 5,00 (eBook € 1,99)

Pilato e Gesù di Giorgio Agamben

In questo piccolo libricino (talmente piccolo che forse anche definirlo libricino è eccessivo), Agamben prova ad imbastire una riflessione sul processo di Pilato a Gesù in cui “è il mondo dei fatti che deve giudicare quello della verità, il regno temporale che deve pronunciare un giudizio sul Regno eterno”. Dico prova, perché in realtà, probabilmente per limiti personali, non ho ben capito quale fosse la tesi che l’Autore voleva dimostrare il che, ovviamente, ha reso lo sviluppo del ragionamento poco chiaro e ancor meno convincente. So solo che dopo essere partito dal “«credo» in cui i cristiani compendiano la loro fede”, ed essere passato per Nietzsche e Bulgakov, per gli evangelisti canonici e quelli apocrifi, Agamben arriva a concludere che il processo dimostra che “giustizia e salvezza non possono essere conciliate, tornano ogni volta a escludersi e a chiamarsi a vicenda”, che “il mondo, nella sua caducità, non vuole salvezza, ma giustizia. E la vuole precisamente perché non chiede di essere salvato. In quanto insalvabili, le creature giudicano l’eterno: questo è il paradosso che alla fine, di fronte a Pilato, toglie la parola a Gesù. Qui è la croce, qui è la storia”.

Fate voi.

E su questo non ho altro da dire

Agamben copertina#fallabreve: Che lo leggiate o meno, io me ne lavo le mani.

“Pilato e Gesù” di Giorgio Agamben
Nottetempo, 2013
pp. 66
€ 6,00 (eBook non disponibile)

[1] Mark Twain era mancino.