E tu, sei stato invitato? – “Festa d’amore” di Charles Baxter

Sinossi (dalle note di copertina): Meravigliosi personaggi, grandi e piccole storie d’amore e di sofferenza, intrecciate in un continuo oscillare avanti e indietro nel tempo. Un gioco di specchi che ha la capacità di moltiplicare la luce. È Bradley, insieme al suo cane Bradley, ad aprire il gioco del racconto, un gioco che coinvolge vicini di casa, amici, mariti e mogli, ex mogli, giovani amanti, sullo sfondo di un quartiere tranquillo, di una caffetteria imprigionata in un centro commerciale e in definitiva di una luminosa e a tratti malinconica festa.

La storia inizia all’insegna del gioco metaletterario, con un personaggio che in piena notte si risveglia spaventato e disorientato. Niente di particolare, se non fosse che il personaggio in questione si chiama Charles Baxter, fa lo scrittore ed è proprio l’autore del libro. Visto che il Nostro non riesce a dormire, va a fare una passeggiata e incontra Bradley, un vicino insonne che porta a spasso il cane, anch’esso di nome Bradley. Il divertissement metaletterario continua, visto che quando Bradley (il vicino, non il cane) gli chiede la prima frase del libro a cui sta lavorando, Charles risponde citando quasi esattamente proprio quella con cui si apre il libro (quello vero, non quello di cui stanno parlando). Ma Bradley[1] non si accontenta e, in una specie di mise en abyme, suggerisce a Charles non solo il titolo del suo prossimo libro (che è proprio Festa d’amore), ma anche l’incipit del libro nel libro: “In ogni relazione esiste almeno un giorno felice”.
Da qui il racconto procede con continui passaggi di testimone fra diverse voci narranti, tutte comunque collegate a Bradley: le sue ex-mogli (e l’amante di una Baxterdi queste[2]), un suo vicino, Harry, e Chloé, la commessa della sua caffetteria. Ogni personaggio ci racconta la sua storia e il suo punto di vista sull’amore (coniugale, passionale, paterno, filiale, e così via) e, soprattutto, sui suoi effetti collaterali.
A Bradley e ai suoi eclatanti e ripetuti fallimenti sentimentali, dobbiamo le parti più divertenti del romanzo. Scopriamo subito che ha divorziato dalla prima moglie perché questa si è innamorata di un’altra donna[3]. E quando la parola passa a Kathryn, la prima ex moglie, è piuttosto sorprendente sapere che, dal suo punto di vista (di Kathryn), non solo molti degli episodi narrati da Bradley non sono mai avvenuti, ma anche che il suo amore (di Bradley) era per lei del tutto insoddisfacente: “amava solo il proprio amore per me”[4]. E questa è solo la prima delle numerose scene doppie con cui Baxter indaga in maniera intelligente il problema della percezione individuale della realtà e della conseguente difficoltà, se non impossibilità, di una comunicazione reale fra due soggetti.
Il ruolo critico, e cruciale a un tempo, della “comunicazione” all’interno di un rapporto viene ulteriormente sottolineato quando Bradley, distrutto dal divorzio, chiede al padre il segreto del suo matrimonio ultratrentennale. Questi, piuttosto infastidito (“Questa non è una domanda. Non si chiede una cosa del genere”), gli risponde: “È semplice. Vuoi sapere il segreto? […] Ho tenuto la bocca chiusa”.A questo punto Bradley incontra Diana e la sposa, ma anche con lei le cose non vanno come sperava. Le sue (sempre di Bradley) performance erotiche riscuotono solo tiepidi apprezzamenti (“Ma ‘grazioso’? Quando fai l’amore con una dea, vuoi un complimento veemente. Oppure il silenzio. Il silenzio è sufficiente”), e anche la luna di miele non lascia presagire nulla di buono: “può capitare di fare dell’ottimo sesso in luna di miele e nello stesso tempo continuare a sospettare che qualcosa di poco chiaro stia accadendo”.
Dopo il secondo divorzio Bradley sembra ripiegarsi su se stesso, aiutato dal fatto che “in Michigan, nessuno esce di casa da novembre fino ad aprile inoltrato[5]”. Rivolgendosi allo scrittore, e a noi, dice: “Se vuoi qualcos’altro da leggere, leggi lo spazio bianco che rimane su questa pagina. Ci sono io in quel bianco”. Ma per il nostro serial husband l’amore è troppo importante, anzi è il parametro che gli consente di classificare l’umanità in due categorie: “quella della gente innamorata o che si ama e quella di tutti gli altri che stanno fuori”. E allora quel “bianco” da spazio vuoto si trasforma in un’opportunità, rappresentata dal fortuito incontro con Margaret, grazie alla quale Bradley cessa di essere “una storia” per “scomparire nella vita reale”.

Charles Baxter
Charles Baxter

Fra le altre voci che costituiscono il tessuto connettivo del libro, spicca quella della giovanissima Chloé che ci racconta la sua tenera, bislacca e intensa storia d’amore con Oscar. È a lei, chiamata a fare i conti con un’assenza irreversibile, che Baxter fa fare alcune delle riflessioni più malinconiche e amare del libro, quasi a contrappuntarne le apparenze esuberanti e alternative: “l’amore è il primo cugino della morte, si conoscono l’un l’altro, partecipano alle stesse riunioni di famiglia”.
Dobbiamo ringraziare la Mattioli 1885 se finalmente anche in Italia possiamo conoscere Charles Baxter. Leggendo Festa d’amore è facile capire perché l’Autore sia molto stimato dai colleghi e sia anche un apprezzatissimo insegnante di scrittura creativa[6]. Usa infatti con sapienza e misura attrezzi del mestiere che, in altre mani, avrebbero prodotti fiacchi e irritanti numeri da circo. Attraverso le storie di persone normali che, come noi, affrontano e cercano di superare le difficoltà e i fallimenti che costellano la vita, Baxter ci parla di verità, sincerità, incomunicabilità, bisogni, rapporti umani, insomma ci parla di amore e lo fa con uno stile che, senza rinunciare alla leggerezza e alla giocosità, non è mai banale o superficiale, riuscendo invece a suscitare una naturale empatia del lettore nei confronti dei personaggi. Insomma è un romanzo scritto davvero bene e piacevolissimo da leggere, che mi sento di consigliare. Spero solo che non dovremo attendere troppo per veder pubblicata un’altra opera di Baxter.
E su questo non ho altro da aggiungere.

#fallabreve: L’amore è una festa in cui il costo del biglietto è spropositato rispetto a quanto ti divertirai
“Festa d’amore” di Charles Baxter 2014 (2000)
Mattioli 1885
Traduzione di Nicola Manuppelli
pp. 300
€ 17,90


[1] Direi che d’ora in poi possiamo dare per scontato che quando cito “Bradley” sto parlando del bipede e non del quadrupede.
[2] Si tratta dell’amante di Diana, la seconda moglie di Bradley. Con lei, peraltro, il gioco metaletterario si eleva al quadrato visto che nel suo incontro fittizio con Baxter, Diana gli nega il permesso di utilizzare la sua storia, costringendolo a inventarsene “una copia”. Così sappiamo che esiste una finta Diana vera che fa l’osteopata e che non ci dirà nulla, e una finta Diana finta che parlerà da quel punto in poi: un personaggio del personaggio, insomma, un metapersonaggio. PS: DFW mi ha rovinato #1
[3] Questa circostanza e la tendenza compulsiva a sposarsi e a divorziare mi hanno ricordato il Ross di Friends, a sottolineare quanto l’immaginario televisivo costituisca ormai un imprescindibile orizzonte di riferimento non solo per gli scrittori, ma anche per noi lettori. PS: DFW mi ha rovinato #2
[4] Poiché non so quanti dei miei venticinque lettori abbiano letto L’uomo senza qualità, segnalo una citazione ironica di Baxter nel racconto del primo colloquio fra Kathryn e la sua futura compagna, Jenny. Parlando di medici, infatti, Kathryn dice che il suo ginecologo si chiama Moosbrugger, proprio come il maniaco sessuale omicida di Musil. Spero perdonerete questo inutile sfoggio di cultura letteraria, anche se mi rendo perfettamente conto che chiedere scusa per qualcosa che comunque ho fatto rende la richiesta non sincera (per tacere della sincerità dell’aggettivo “inutile”, sic!), in quanto avrei potuto semplicemente evitare di fare questo sfoggio di cultura letteraria. Se solo lo avessi voluto. PS: DFW mi ha rovinato #3
[5] Anche il Michigan fa parte del Midwest. Ha una densità abitativa media pressoché sovrapponibile a quella della Valle d’Aosta: 39,46 abitanti/km2 contro. Per capire il senso di questa nota si consiglia di leggere la nota 2 di questo post. PS: DFW mi ha rovinato #4
[6] Anche se personalmente sono piuttosto diffidente sulla effettiva utilità di questi corsi, e sarei incline a concordare con DFW quando dice che i corsi di scrittura creativa servono principalmente a sfornare altri professori di scrittura creativa. PS: DFW mi ha rovinato #5