La stanza di Jonas Karlsson
Bjӧrn, voce narrante di questa storia, inizia a lavorare in un ufficio pubblico. Dotato di rara antipatia, nonché presuntuoso e arrivista (il collega ideale, insomma) un giorno, mentre si reca in bagno, apre per errore la porta di una stanza al cui interno prova immediatamente uno stato di beatitudine mentale e di estrema lucidità. Si tratta di una sensazione di benessere così piacevole che, appena può, si rifugia in quella stanza. Qual è il problema? Quella stanza non esiste, ecco il problema.
Nelle note introduttive al libro si parla dell’ufficio “come luogo di alienazione per eccellenza: ambiente malsano e competitivo, coacervo di paranoie e paure, motore di dinamiche che possono portare alla follia” e del romanzo come una storia “sulla percezione distorta della realtà e sull’ansia legata al lavoro moderno”. A mio avviso si tratta di un’analisi piuttosto fuorviante visto che l’ufficio e il suo microcosmo sociale non hanno alcuna colpa nella discesa del protagonista negli inferi dell’alienazione mentale: Bjӧrn la follia ce l’ha in dotazione di suo.
Aggiungo che lo stile di Karlsson è secco e preciso e che la storia, articolata in brevi capitoli, nel volgere di un paio di ore di lettura rappresenta in maniera piuttosto efficace l’abisso del disagio mentale e il terrore del contagio da parte dei “sani”.
#fallabreve: Fantozzi secondo Kafka.
“La stanza” di Jonas Karlsson
ISBN Edizioni 2014 (2009)
Traduzione di Alessandro Bassini
pp. 153
€ 18,00
Un oscuro scrutare di Philip K. Dick
Probabilmente sono in errore nel considerare PKD esponente di un genere (la fantascienza) che, almeno su carta, non mi ha mai appassionato. Senza entrare in una disputa con i suoi tanti cultori (li sento già urlare inorriditi: “NON È UNO SCRITTORE DI FANTASCIENZA!!!”) e anche ammettendo un mio pregiudizio e volendo dare ragione a Wikipedia che lo definisce “un autore postmoderno precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop”, (qualsiasi cosa tutto questo significhi), che dirvi… A parte la prefazione e la postfazione, che sembrano scritte sotto l’effetto della sostanza M e per comprendere le quali è necessaria una laurea in semiotica, il libro, pur godibile e scorrevole, non mi ha provocato quella dipendenza da PKD che qualcuno mi aveva preconizzato. Per cui, con buona pace di tute disindividuanti, olocamere e cefalocromoscopi (“NON È UNO SCRITTORE DI FANTASCIENZA!!!”), penso che difficilmente avrò altri contatti con il Nostro. E se questo dovesse significare una inemendabile diminutio del mio status di lettore, me ne farò una ragione. Fatta.
#fallabreve: Niente è come sembra.
“Un oscuro scrutare” di Philip K. Dick
Fanucci Editore 2009 (1977)
Traduzione di Gabriele Frasca
pp. 329
€ 9,90
Il segreto della camera 3 di Colin Dexter
Rispetto a quanto detto su Dexter nel post “Miscellanea” del 29 aprile scorso c’è poco da aggiungere. Sellerio ci propone la settima indagine del commissario capo Morse e del fido sergente Lewis in cui troviamo la solita eleganza anglosassone, la solita spruzzata di humour, il solito paio di cantonate prima di far imboccare all’inchiesta la giusta direzione. Insomma la solita godibilissima miscela che rende Dexter un maestro del giallo deduttivo classico e quello con i suoi libri un appuntamento assolutamente imperdibile per chi, come me, è ormai diventato un fan accanito dell’affiatato duo oxoniense.
#fallabreve: Il Capodanno è meglio festeggiarlo a casa propria.
“Il segreto della camera 3” di Colin Dexter
Sellerio Editore 2014 (1983)
Traduzione di Luisa Nera
pp. 332
€ 14,00
I clienti di Avrenos di Georges Simenon
I miei venticinque lettori sanno già quello che penso dello scrittore belga (l’eventuale ventiseiesimo potrà scoprirlo qui). Questa volta l’istrionico e camaleontico mimetismo del Nostro ci porta nelle strade di Istanbul alle prese con una storia di passione, opportunismo e squallore che però, per una volta, si ferma un attimo prima della catastrofe finale (anche se assolutamente lontano da qualsiasi “lieto fine”). So di ripetermi (e lo farò di certo ogni volta che Adelphi ci regalerà un Simenon): il talento narrativo del Nostro, lo stile, la capacità di creare atmosfere con poche pennellate, la dimestichezza con le debolezze e le miserie dell’animo umano, l’assenza di qualsivoglia giudizio morale di fronte ad esse, lo rendono un vero fuoriclasse nel panorama della letteratura del ventesimo secolo (e non solo). Insomma: leggetelo.
#fallabreve: L’irresistibile vertigine dell’abiezione.
“I clienti di Avrenos” di Georges Simenon
Adelphi Edizioni 2014 (1935)
Traduzione di Federica Di Lella e Maria Laura Vanorio
pp. 157
€ 17,00
Note di un anatomopatologo di F. Gonzalez-Crussi
Quando studiavo all’università girava questa storiella: “L’internista è un medico che sa tutto, ma non sa fare nulla; il chirurgo invece non sa nulla ma sa fare tutto; lo psichiatra non sa nulla e non sa fare nulla; l’anatomopatologo sa tutto, sa fare tutto, ma purtroppo arriva sempre troppo tardi!”. Memore di questa facezia (abbastanza vicina alla realtà, peraltro!), ho letto questo libro pensando di trovarvi aneddoti e spunti di riflessione tratti dalla pratica di una professione tanto necessaria (soprattutto ai vivi, checché se ne pensi) quanto considerata dal volgo l’anticamera del necroforo. Purtroppo ho trovato un mucchio di divagazioni e dissertazioni piuttosto noiose e spesso basate su citazioni alquanto imprecise (almeno a giudicare dalle note del traduttore). Insomma alla fine quello che speravo fosse una raccolta di piccoli saggi vivaci e gradevoli si è rivelata una piccola, pretenziosa palla, meritevole del più rapido degli oblii.
E su questo non ho altro da dire.
#fallabreve: Notizie dall’interno (e dintorni)
“Note di un anatomopatologo” di F. Gonzales-Crussi
Adelphi Edizioni 1991 (1984, 1985)
Traduzione di Gabriele Castellari
pp. 199
€ 13,00
(Data di prima pubblicazione su ifioridelpeggio.blogspot.it: 14/09/2014)